PARACADUTISTA
Scender nell'aria
e veleggiare come un pigro uccello;
del cielo azzurro avevo fatto
soltanto un impossibile castello,
e m'ero illuso come un bimbo
che una realtà fosse il mio gioco.
Correvo ai campi miei di nuvole,
fiero che sopra gli altri uomini
ero volato un poco.
Ed ogni volta
la gioia scompariva dalla mia fronte,
la terra ritoccavo amaramente,
con rabbia ripiegavo la mia vela
e riprendevo il corso
della mia vita uguale:
il compromesso inarrestabile
con la viltà e con gli uomini,
con un'esistenza inutile.
Con un salto, libertà, io ti venivo a ritrovare;
con un salto, libertà, ero l'uccello che non vuol tornare.
E se guardavo
indietro tutti miei passati giorni,
l'insofferenza per una realtà,
per una legge che non mi apparteneva,
io mi dovevo render conto
che ero un estraneo in tutto.
Per questa assurda ansia di vivere,
pur non volendo farlo fino all'ultimo,
quante volte ho aperto il paracadute!
Era d'aprile,
vedevo i campi stendersi lontani,
vedevo gli alberi, le case,
la vita mia di ieri e di domani;
e dove la mia mano tante volte
tremando era ricorsa alla maniglia...
lasciai le braccia lungo i fianchi
e allora, come un raggio, sul mio viso
finalmente s'accese il sorriso.
Con un salto, libertà, ti son venuto a ritrovare.
Con un salto, libertà, sono l'uccello che ha varcato il mare.