LA SOGLIA DEL MISTERO
Tu che mi siedi accanto,
porta la barca della mia poesia
a quelli che han vissuto nel dolore,
su un filo teso sopra la follia,
a quelli che han creduto nella vita
ma per amore l'hanno abbandanata,
per quell'amor che brucia come il fuoco
e consuma ogni esistenza poco a poco.
Una creatura, un giorno,
venne all'esistenza umana:
triste ed indifferente
incominciava il giorno;
ed il giorno lo fece viandante,
calato più in fondo nelle umane vicende.
Come ogni altra creatura trascinò il suo fardello
ma conobbe fino in fondo la realtà.
Volle celare,
agli uomini nascondere
il tormento che giustifica la vita
e in essi tuttavia volle cercare il lenimento;
con tutto l'orgoglio
di un animale solitario
rifuggì la compagnia
ma si sentiva nato per l'amore tattavia.
Ma se l'amor fu grande,
grande non fu l'amato:
alta la fiamma ardente,
corto e meschino il fiato.
E il dolore illuminò la sua stanza
e fu la sola certezza di cui ebbe coscienza;
l'uccello gioioso, l'illusione del tempo,
di notte prese il volo e se ne andò.
Dopo i giorni del sole
il tempo che resta di vivere ancora,
folate di anni
oppure soltanto
una semplice ora,
sembra un soffio, nulla.
Ed ebbe il nulla
che lo condusse per mano
fino in fondo alla sua strada,
su quella soglia ove si estingue il falso e il vero,
e nel silenzio che ha in sé tutte le voci del mondo
fermo a un passo fu dinanzi
all'infinita soglia del mistero.
A questa riva
giunta è la barca della mia poesia,
e il vecchio marinaio che l'accompagna
torna a celarai nella mia chitarra:
qui trova la mia voce il suo confine,
qui non ha più poter la fantasia;
difronte questa soglia che ho cantato
ritorna sui suoi passi la mia via.